Brevi osservazioni sul proscioglimento per particolare tenuità del fatto (di Giorgio Barbuto)

L’art. 131-bis c.p., inserito subito prima degli articoli concernenti l’esercizio del potere discrezionale del giudice nell’applicazione della pena, è un istituto previsto in attuazione della più ampia delega conferita al Governo per la riforma del “sistema delle pene”. La norma - introdotta con il decreto legislativo n. 28 del 2015 - in ossequio alle indicazioni di delega, configura la possibilità di definire il procedimento con la declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto relativamente ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla pena detentiva. Le esigenze che stanno alla base dell'istituto, sintetizzate nella Relazione di accompagnamento sono; 1) l ’ alleggerimento del carico giudiziario, soddisfabile al meglio ove la definizione del procedimento tenda a collocarsi nelle sue prime fasi; 2) il rispetto del principio di proporzione, che è f u n z i o n a l e a d evitare il dispendio di energie processuali per fatti cd. bagatellari, sproporzionati sia per l'ordinamento sia per l'autore, "costretto a sopportare il peso psicologico del processo a suo carico" ; 3) l'adeguata considerazione della posizione della persona offesa, soddisfatta con la previsione di spazi di interlocuzione anche nell’ipotesi dell'archiviazione (art. 411 comma 1 bis c.p.p.), come pure con l'esplicita previsione normativa dell’efficacia della sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto nel giudizio civile o amministrativo di danno (art. 651 bis c.p.p.). Il fondamento costituzionale della non punibilità per “particolare tenuità del fatto”, dunque, può BREVI OSSERVAZIONI SUL PROSCIOGLIMENTO PER PARTICOLARE TENUITÀ DEL FATTO Giorgio Barbuto Fascicolo n. 1/2016 www.ilforomalatestiano.it Pag. 2 di 10 rinvenirsi nei principi di proporzione ed economia processuale: l’istituto in esame rappresenta un momento di bilanciamento tra il principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale (art. 112 Cost.1 ) e la finalità rieducativa della pena (art.27 Cost.), che presuppone, appunto, la proporzionalità fra la sanzione irrogata e la condotta commessa. Peraltro nella relazione illustrativa allegata allo schema di decreto legislativo, si precisa che l’istituto in esame realizza il principio, anch’esso di rango costituzionale, secondo cui la sanzione penale è l’extrema ratio dell’ordinamento giuridico. Come anticipato, l’istituto della particolare tenuità del fatto trova la sua disciplina sostanziale nell'articolo 131 bis c.p., laddove il relativo apprezzamento è correlato all'offesa che deve essere di "particolare tenuità" e va desunta dalle modalità della 1 In dottrina è stato acutamente osservato che la declaratoria di tenuità può operare, nella sua veste di strumento di tutela del principio di obbligatorietà, anche contro le ragioni dell’economia processuale. Tutti sanno che molte notitiae criminis concernenti fatti cd. bagatellari vengono oggi abbandonate sul binario morto della prescrizione, o rese immuni alla regola dell’obbligatorietà mediante l’ impiego del c.d. “modello 45”. Tuttavia, il nuovo istituto non permetterà di risparmiare tempo e risorse, perché lo smaltimento della notizia di reato avviene già a costo zero: al contrario, dovrà essere spesa l’ulteriore moneta processuale necessaria per la celebrazione del rito archiviativo. (così Caprioli, Prime considerazioni sul proscioglimento per particolare tenuità del fatto, in Diritto Penale Contemporaneo, 8 luglio 2015, 4). condotta e dall'esiguità del danno o del pericolo, nonché al comportamento c h e non deve risultare "abituale". Seppure, da un punto di vista procedurale, l'articolo 131 bis c.p. è la norma di riferimento allorquando la decisione liberatoria intervenga dopo 1'esercizio dell'azione penale (non a caso la norma trova la sua collocazione in apertura del titolo V del Libro I del Codice penale, subito prima degli articoli concernenti 1'esercizio del potere discrezionale del giudice nell'applicazione della pena), la causa di non punibilità può essere applicata anche durante la fase delle indagini, così soddisfacendo al meglio l'esigenza di alleggerimento del carico giudiziario (v. Relazione di accompagnamento). Infatti, nell'articolo 411 c.p.p. nel nuovo comma 1 b i s è contenuta la disciplina dell'archiviazione "per la particolare tenuità del fatto", la cui peculiarità è rappresentata dall’interlocuzione dell’indagato e della persona offesa che possono censurare nel merito la richiesta di archiviazione. L'interlocuzione, invece, n o n è e s pressamente prevista dopo l'esercizio dell'azione penale, né in sede di udienza preliminare, t a n t o m e n o in sede dibattimentale, in quanto in tali fasi risulta già pienamente garantito il contraddittorio. Anche nel caso in cui la decisione Fascicolo n. 1/2016 www.ilforomalatestiano.it Pag. 3 di 10 intervenga prima dell'esercizio dell'azione penale, con l'archiviazione, i presupposti sostanziali di applicazione sono rinvenibili nell'articolo 131 bis c.p., norma fondamentale che fonda i presupposti e i limiti dell'istituto quale che sia la fase procedimentale. SOGLIA RILEVANTE DELL’OFFESA: NON PUNIBILITÀ ED OFFENSIVITÀ DEL FATTO In tal senso è molto chiara la Relazione di accompagnamento secondo la quale l'applicabilità dell'istituto presuppone sempre e necessariamente un fatto "non inoffensivo". Il giudizio sull’irrilevanza del fatto pretende, infatti, che sia risolta positivamente la valutazione sulla sussistenza, nella fattispecie esaminata, di una condotta riconducibile ad una fattispecie criminosa, perfetta in tutti i suoi elementi costitutivi, oggettivi e soggettivi, e concretamente punibile; pertanto, deve ritenersi esclusa l'applicabilità della disciplina del reato impossibile ( art. 49 c . p . ) c h e presuppone l’inidoneità assoluta della condotta a ledere l'interesse tutelato dalla norma. Detto altrimenti, l'istituto dell' irrilevanza per particolare tenuità presuppone un fatto tipico, costitutivo di reato e offensivo dell'interesse tutelato, ma da ritenere non punibile in ragione dei principi di proporzione e di economia processuale che stanno alla base del decreto legislativo. Questa conclusione trova conferma dalla circostanza che anche l'archiviazione per la riconosciuta particolare tenuità del fatto produce conseguenze giuridiche sfavorevoli, come attestato dalla prevista iscrizione del relativo provvedimento nel casellario giudiziale, con effetto - tra gli altri - ai fini dell'apprezzamento dell'abitualità ostativa all'applicazione dell’istituto (art. 131 bis, comma 3 c.p.). Ed invero, proprio per le medesime ragioni è stata introdotta un’interlocuzione nel caso in cui il pubblico ministero intenda richiedere l'archiviazione per la particolare tenuità del fatto, sì da consentire all’indagato, mediante l'opposizione, di far valere le ragioni che dovrebbero piuttosto condurre ad una decisione liberatoria nel merito. L'AMBITO DI APPLICAZIONE: L'INDIVIDUAZIONE DEI REATI L'istituto dell'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, in conformità a quanto previsto nella legge delega n. 67/2014, è applicabile ai soli reati puniti con la pena pecuniaria, sola o congiunta a pena detentiva, ovvero con la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni (art. 131 bis, comma 1 c.p.). Fascicolo n. 1/2016 www.ilforomalatestiano.it Pag. 4 di 10 Nel comma 4 dello stesso articolo 131 bis sono dettati i criteri per la determinazione della pena detentiva ai fini dell'applicazione dell'istituto per il caso in cui siano presenti circostanze . E’ stato utilizzato un criterio già adottato nella nostra legislazione, stabilendosi che non si deve tenere conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale, con la precisazione che, in tali evenienze, ai fini del computo della pena, non si deve tenere conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze ex art.69 c.p. Invero, la regola riproduce la soluzione adottata dal codice di procedura penale, ad esempio, in materia di competenza (art. 4 c.p.p.), misure cautelari (art. 278 c.p.p.) ed arresto in flagranza (art. 379 c.p.p.) e si basa sul presupposto che le circostanze ad effetto speciale e quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato rivelano una particolare significatività e sono in qualche modo accostabili – nelle valutazioni del legislatore – a sottospecie di ipotesi autonome. Il comma 5 dell'articolo 131 bis, a sua volta, stabilisce che l’istituto può trovare applicazione anche quando la legge preveda la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante. Non di rado, infatti, il legislatore ricollega alla modesta portata offensiva della condotta criminosa una semplice mitigazione del trattamento sanzionatorio: in taluni casi a costituire circostanza attenuante o elemento costitutivo di un’autonoma fattispecie attenuata è solo la particolare o speciale tenuità del danno o del pericolo ( v. artt. 62 n. 4 c.p., 2640 c.c., 219 comma 3 R.D. 267/1942), in altri casi è la particolare tenuità o lieve entità del fatto, risultante, alternativamente, dalle modalità della condotta o dalla particolare tenuità del danno o del pericolo (art. 311 c.p.), oppure dalle modalità della condotta, infine quando si tratta semplicemente di particolare tenuità del fatto ( v. artt. 323-bis c.p., 648 comma 2 c.p. e 171-ter comma 3 l. 22 aprile 1941, n. 633). Orbene: allo scopo di evitare che le suddette ipotesi, che contemplano la tenuità del fatto, siano considerate prevalenti in virtù di un supposto rapporto di specialità, il citato comma 5 chiarisce che quest’ultime hanno un carattere residuale, essendo destinate ad operare laddove l’art. 131-bis c.p. non possa trovare applicazione, come, ad esempio, nel caso in cui il fatto, pur tenue, non sia occasionale. Fascicolo n. 1/2016 www.ilforomalatestiano.it Pag. 5 di 10 I SINGOLI PARAMETRI DI RIFERIMENTO Una volta a c c e r t a t o che il reato rientra nei limiti edittali i quali astrattamente legittimano il ricorso alla causa di punibilità, segue la verifica dei diversi presupposti normativi che consentono di pervenire al giudizio di esclusione della punibilità. Gli "indici-criteri", secondo la nozione offerta dalla Relazione di accompagnamento, sono costituiti dalla "particolare tenuità dell'offesa" - ricavabile dalle "modalità della condotta" e dalla "esiguità del danno o del pericolo" derivato dal reato- e dalla "non abitualità del comportamento". Con riferimento al primo parametro , quanto all’“apprezzamento della "esiguità" - si richiama all’uopo la precondizione della non operatività dell’art. 49 c.p. - si osserva che il dato normativo è rimesso a l l a p r u d e n t e valutazione del giudice. Tale apprezzamento d e v e e s s e r e effettuato avendo riguardo a quanto indicato nell'articolo 133, comma 1, c.p. espressamente richiamato: di particolare rilievo il parametro della gravità del danno o del pericolo di cui al numero 2), gli altri parametri rilevando per la valutazione del concorrente presupposto delle "modalità della condotta". Pare utile sottolineare che il riferimento al danno non è necessariamente correlato ad un danno di tipo patrimoniale p a t i t o dalla persona offesa: invero, l'ambito di operatività dell'istituto si deve ritenere più ampio, potendosi applicare anche a d ipotesi in cui manchi in radice una persona offesa e comunque non si sia verificato un danno risarcibile ( v. artt. 116, 186 e 187 CdS, che si caratterizzano per l’assenza di una persona offesa e di un danno risarcibile). Il legislatore ha poi, tout court, ritenuto che 1'offesa non può, comunque, essere ritenuta di particolare tenuità quando l'autore abbia agito per motivi abietti e futili, o con crudeltà anche contro gli animali, od abbia adoperato sevizie ovvero profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa. Si deve ritenere che, al verificarsi di tali circostanze , debba essere esclusa l’operatività dell’istituto in esame anche laddove, in fatto, non vi sia stata una formale contestazione da parte del pubblico ministero delle relative circostanze aggravanti (v. art.61, nn. 1,4 e 5 c.p.). Inoltre, in ragione del carattere primario ed essenziale dei beni vita ed integrità psico-fisica della persona, è s t a t a esclusa 1' operatività della causa di non punibilità nelle ipotesi in cui l’evento lesivo sia costituito dalla Fascicolo n. 1/2016 www.ilforomalatestiano.it Pag. 6 di 10 morte o dalle lesioni gravissime in danno di una o più persone ( v. artt. 589, 590 e le ipotesi di analoghi eventi che derivino, quale conseguenza non voluta, dalla commissione di un delitto doloso, secondo quanto previsto dall’art.586 c.p.). Quanto alle modalità della condotta, il parametro valutativo s i i n d i v i d u a n e l l ’ a r t . 133 c.p. -come abbiamo vistoesplicitamente richiamato dall'articolo 131 bis , comma 1, c.p. : assumono quindi rilevanza la natura, la specie, i mezzi, l'oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell'azione. Viene anche in considerazione il grado della colpevolezza, ovverossia l'intensità del dolo o il grado della colpa. In tale versante, al fine di ancorare il giudizio a criteri strettamente connessi alla materialità del fatto, il legislatore ha inteso svincolare, per quanto possibile, il giudizio di irrilevanza da accertamenti di tipo psicologico-soggettivistico, sempre ardui e problematici, quanto più essendo destinati ad essere effettuati nelle fasi prodromiche del procedimento. Tuttavia, allo scopo di circoscrivere la discrezionalità del giudice, sono state introdotte precisazioni che rischiano di apparire superflue o, addirittura, paradossali, come spesso accade quando si legifera per presunzioni: sono state tipizzate, così, situazioni ostative prendendo a modello circostanze aggravanti comuni quali l’avere agito “con crudeltà, anche in danno di animali”, l’avere “adoperato sevizie”, l’avere “profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa”, mentre è consentito giudicare tenue il fatto commesso con abuso dei poteri inerenti ad una pubblica funzione. Il riferimento espresso al primo comma dell’art. 133 c.p. porta, poi, a concludere per l’irrilevanza, ai fini dell’applicabilità dell’istituto, della condotta contemporanea o susseguente al reato, con la conseguenza di dover escludere dal novero dei parametri di valutazione della “particolare tenuità” eventuali condotte riparatorie, restitutorie o risarcitorie. Il terzo parametro è l a "non abitualità" del comportamento incriminato: si definisce – sub comma 3 dell'articolo 131 bis c.p. - "abituale" il comportamento "nel caso in cui l'autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate". In proposito, nessun dubbio interpretativo si pone in ordine all'apprezzamento dell'ipotesi Fascicolo n. 1/2016 www.ilforomalatestiano.it Pag. 7 di 10 ostativa rappresentata dalla intervenuta dichiarazione di delinquenza abituale, professionale o per tendenza, frutto di apposita dichiarazione giudiziale. L'inciso "commesso più reati della stessa indole” merita qualche approfondimento: la mancanza di un esplicito riferimento alla condizione di recidivo, induce del tutto fondatamente a concludere che la "recidiva", sebbene accertata e applicata giudizialmente - purché , pare evidente, non reiterata e specifica - non possa considerarsi di ostacolo a lla declaratoria di non punibilità. In tale direzione, peraltro, si muove la stessa Relazione di accompagnamento, laddove si afferma che la presenza di un "precedente giudiziario" non è di per sé ostativa al riconoscimento della particolare tenuità del fatto, in presenza ovviamente degli altri presupposti. E’ , invece, ostativa la situazione di colui il quale, pur non essendosi vista riconosciuta e applicata la recidiva reiterata e specifica, risulti avere commesso, con sentenza irrevocabile, "più reati della stessa indole" . In quest’ottica, del tutto coerente appare l'intervento di modifica sull'articolo 3, comma 1, d.P.R. 3 1 3 / 2 002 con l'inserimento, tra i provvedimenti d a iscrivere nel casellario giudiziale, anche di q u e l l i "che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell'articolo 131 bis c .p . ”. Qualche ulteriore problema può nascere dall’interpretazione delle nozioni di condotta “reiterata” e “plurima”: tali potrebbero intendersi le condotte del medesimo tipo che l’agente reiteri più volte nel medesimo contesto spazio-temporale, non necessariamente riconducibili al paradigma della continuazione o da valutarsi unitariamente al fine della quantificazione della pena (a titolo esemplificativo si pensi alla condotta di chi, in unità di tempo e luogo, abbia proferito diverse espressioni di minaccia grave nei confronti della persona offesa). Quid juris nel caso di commissione di più condotte integranti una pluralità di reati della stessa indole che siano giudicati nell'ambito dello stesso procedimento? Appare conforme al sistema normativo escludere l’applicazione della causa di non punibilità, inducendo a tale conclusione il generico riferimento alla commissione di più reati della stessa indole, senza ulteriori specificazioni. Quanto alla punibilità dei "reati abituali", occorre distinguere tra reati "necessariamente abituali", che sono sulla base del dato testuale esclusi dall'ambito di applicabilità della causa di esclusione di punibilità (si pensi al reato di stalkin g previsto dall’a rt. 612 bis c.p.) ed i reati "eventualmente abituali", ossia Fascicolo n. 1/2016 www.ilforomalatestiano.it Pag. 8 di 10 quei reati che possono essere commessi anche con il compimento di un solo atto tipico della condotta incriminata, p e r i quali la causa di non punibilità deve ritenersi inapplicabile solo quando risultino commessi più atti tipici della condotta incriminata. In caso di concorso formale si ritiene applicabile l’istituto in esame, che si caratterizza per l’unicità della condotta incriminata. In ogni caso, l’applicazione dell’istituto è subordinato ad una valutazione "congiunta" di tutti i parametri di riferimento posti all'attenzione del giudice. BREVI CENNI SULLA PROCEDURA Alla declaratoria di non punibilità per la particolare tenuità del fatto può procedersi sia nel corso delle indagini preliminari, sia dopo l'esercizio dell'azione penale. Nel corso delle indagini il giudice per le indagini preliminari provvede con ordinanza o decreto di archiviazione, su richiesta del pubblico ministero; dopo l’esercizio dell’azione penale provvede il giudice del dibattimento con sentenza, prima del dibattimento nella ricorrenza dei presupposti di cui all’art.469 c.p.p. Nel caso di sentenza r e s a ex art. 469 c.p.p. il provvedimento è inappellabile; tuttavia può essere proposto ricorso per cassazione qualora si lamenti la carenza dei presupposti di legge, ovvero il mancato rispetto del contraddittorio. La persona offesa, invece, può dolersi solo di non essere stata ritualmente citata, così da consentirgli di comparire; si evidenzia che non è stato previsto l’avviso che contenga l'intenzione del giudicante di definire il procedimento in sede predibattimentale ex articolo 469 c.p.p. Quanto alla sentenza emessa in esito allo svolgimento del processo, sono esperibili gli strumenti ordinari di impugnazione. Con riferimento agli effetti della decisione che applica la causa di non punibilità, s i s e g n a l a i l d isposto dell’articolo 651 bis c.p.p. , il quale stabilisce che l’efficacia della sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto nel giudizio civile o amministrativo di danno è limitata alla sentenza resa in esito al dibattimento - non, quindi, a quella resa ex art.469 c.p.p.- ovvero in esito al giudizio abbreviato, salvo, in quest'ultima ipotesi, che vi si opponga la parte civile, la quale non abbia accettato il rito. L’equiparazione muove da una premessa corretta: il proscioglimento per tenuità potrà essere pronunciato in giudizio solo quando l’unica alternativa plausibile sarebbe la condanna, essendo già stato accertato che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha Fascicolo n. 1/2016 www.ilforomalatestiano.it Pag. 9 di 10 commesso, che il fatto costituisce reato, che il fatto è previsto dalla legge come reato, che non sussistono altre cause di non punibilità dell’imputato e che quest’ultimo è imputabile; in altre parole , nella fattispecie esaminata, si discute di una condotta riconducibile ad una precisa fattispecie criminosa, perfetta in tutti i suoi elementi costitutivi , quindi punibile, con un imputato che ha avuto possibilità di esercitare le proprie prerogative in chiave difensiva. Analoga efficacia non p o t r à avere, di conseguenza, il provvedimento di archiviazione che applichi la causa di non punibilità. A sua volta, il giudice civile sarà obbligato alla decisione di ritenere il fatto di particolare tenuità nei seguenti termini : appare conforme a giustizia ritenere che, sia con riferimento al danneggiato dal reato che sia rimasto estraneo al processo penale, ma abbia esercitato l’azione risarcitoria in sede civile, sia nei confronti del danneggiato che si sia costituito parte civile nel processo penale o abbia esercitato l’azione risarcitoria dopo la pronuncia della sentenza penale di primo grado, riconoscere un’efficacia al giudicato penale contrasterebbe con la logica sottostante l’art. 24 comma 2 Cost. Di talché, di sostiene che il giudice civile sia obbligato soltanto a considerare il fatto sussistente, di natura illecito e commesso dall’imputato, il vincolo della decisione non estendendosi, invece, agli elementi costitutivi della tenuità, sì che il danneggiato, costituitosi parte civile, possa esercitare l’azione risarcitoria in sede civile al fine di ottenere un ristoro economico che, tuttavia, trattandosi di fatti tenui, del tutto verosimilmente sarà anch’esso di minima entità. De jure condendo, in un’ottica deflattiva, si potrebbe ipotizzare la facoltà del danneggiato di trasferire l’azione in sede civile dopo la sentenza di proscioglimento per tenuità, aggiornando l’elenco delle «eccezioni previste dalla legge” di cui all’art. 75 comma 3 c.p.p. Da ultimo, qualche importante modifica è intervenuta pure in tema di casellario giudiziale: in particolare si evidenzia che la decisione con la quale si sia applicata la causa di non punibilità, anche in sede di archiviazione, deve essere iscritta nel casellario giudiziale, assumendo indiscutibile rilievo ai fini dell'apprezzamento del presupposto dell’abitualità del comportamento, così escludendosi di poter di nuovo accedere n e l f u t u r o alla procedura in parola. LA DISCIPLINA TRANSITORIA In mancanza di una disciplina transitoria, deve farsi applicazione dei principi generali in tema di successione delle norme nel tempo (art. 2 comma 4 c.p.). Fascicolo n. 1/2016 www.ilforomalatestiano.it Pag. 10 di 10 Si ritiene, in conformità a l l e più recenti pronunce della CEDU, della Corte costituzionale( 2) e della Corte di cassazione che, mentre il princi pio di irretroatti v ità d ella n orma pen a le s favo revo le costi tui s ce un va l ore assolut o, qu ello de1la retroattiv ità della lex mitior è s uscettibile di limitazioni sul p i ano costitu z i o n ale, ove sorrette da giu stificaz i oni og g etti v a m e nte rag i o n e v oli e, in partico l ar e, d alla neces sita di pr e s erv are int e r e s s i, ad e sso contr apposti, di an a logo riliev o. In questo filone giurisprudenziale si inserisce la sentenza n.15449/2015(3) ,secondo la quale l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ha natura sostanziale ed è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28, ivi compresi quelli pendenti in sede di legittimità, nei quali la S.C. può rilevare di ufficio ex art. 609, comma secondo, c.p.p. la sussistenza delle condizioni di applicabilità del predetto istituto, fondandosi su quanto emerge dalle risultanze processuali e dalla motivazione della decisione impugnata. La S.C., in caso di valutazione positiva deve, quindi, annullare la sentenza con rinvio al giudice di merito. 2 C. cost., 22 luglio 2011, n. 236, Giur. cost. 2011, 4, 3021. 3 Cass., sez. III, 8 aprile 2015,

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